28.2.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 75/8 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Sovranità digitale: un pilastro cruciale della digitalizzazione e della crescita dell’UE»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 75/02)
Relatore: |
Philip VON BROCKDORFF |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
20.1.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
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Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
7.10.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
26.10.2022 |
Sessione plenaria n. |
573 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
185/0/3 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Nonostante i notevoli progressi compiuti per rafforzare la sovranità digitale dell’Unione europea, si constata ancora una forte dipendenza da imprese tecnologiche stabilite fuori dall’UE. Uno stato di cose, questo, che sta erodendo la leadership e l’autonomia strategica dell’UE nel mondo digitale, il che potrebbe a sua volta limitare il potenziale di crescita economica dell’Unione. |
1.2. |
Con un ambiente online ancora dominato da imprese tecnologiche di paesi terzi, si pone la questione di quale grado di controllo i cittadini, le imprese e i governi dell’UE possano avere sui propri dati digitali. Nella crisi che stiamo attraversando, questa potrebbe non sembrare una priorità. Nondimeno, non si può sottovalutare la necessità di affrontare gli squilibri esistenti in termini di sovranità digitale. |
1.3. |
In un siffatto contesto, il CESE è dell’avviso che l’UE debba ridurre la sua dipendenza dai giganti tecnologici stranieri raddoppiando gli sforzi per sviluppare un’economia digitale sicura, inclusiva e basata sui valori, in grado di competere con tali giganti, e ponendo l’accento su una connettività affidabile, sulla sicurezza dei dati e sull’intelligenza artificiale (IA). |
1.4. |
Il CESE chiede pertanto che gli investimenti nel settore digitale siano diretti in misura significativa al conseguimento di un’autonomia strategica aperta nell’economia digitale, il che significa investire anche in capacità, istruzione, formazione professionale, infrastrutture e tecnologie digitali. Il CESE chiede inoltre che la trasformazione digitale abbia luogo in condizioni di parità, in cui i diritti dei lavoratori siano tutelati e in cui imprese di ogni dimensione possano coesistere e prosperare senza essere intralciate da una regolamentazione eccessiva. |
1.5. |
Il CESE osserva che innovazioni come il cloud computing e l’intelligenza artificiale sono diventate importanti risorse strategiche all’interno dell’UE, contribuendo in misura rilevante al potenziale di crescita dell’economia europea. Tuttavia, l’UE sta perdendo terreno nella corsa globale allo sviluppo di nuove tecnologie nel mondo digitale e, per alcune tecnologie, gli investimenti privati dell’UE sono in ritardo rispetto a investimenti analoghi negli Stati Uniti e in Cina. |
1.6. |
Il CESE chiede di rinnovare gli sforzi per creare partenariati pubblico-privato nel settore delle tecnologie digitali e sostenere la ricerca su larga scala dell’UE nel campo delle nuove tecnologie, con l’obiettivo specifico di tenere il passo con le capacità di ricerca statunitensi e cinesi. |
1.7. |
Il CESE sostiene che gli attuali squilibri in termini di sovranità digitale sono in parte dovuti alle barriere nazionali che continuano a impedire il completamento di un vero mercato unico. Allo stato attuale, infatti, il mercato unico è essenzialmente un insieme di molteplici mercati nazionali più piccoli, che non raggiungono le dimensioni necessarie per consentire a una singola impresa dell’UE di competere con i giganti digitali di questo mondo. Inoltre, i livelli di sviluppo, infrastrutture e capacità digitali sono diversi da una parte all’altra dell’UE. |
1.8. |
Il CESE invita la Commissione a procedere con il suo quadro normativo sul digitale, volto a proteggere i cittadini dell’UE dagli eccessi del mondo digitale e nel contempo a offrire un quadro di riferimento per un ambiente più etico e antropocentrico. |
1.9. |
Altrettanto importante è rendere le piattaforme, gli ecosistemi e le attività online più aperti, equi e prevedibili, considerando l’adozione di norme che garantiscano la trasparenza e la neutralità degli algoritmi, la condivisione dei dati e l’interoperabilità. |
1.10. |
Il CESE appoggia la richiesta che l’UE sviluppi un’infrastruttura per il cloud e i dati per rafforzare la sua sovranità digitale e affrontare l’enorme squilibrio esistente nel mercato del cloud e dell’archiviazione dei dati, dominato quasi totalmente da imprese di paesi terzi. |
1.11. |
Il CESE riconosce inoltre il potenziale di cui l’UE dispone per diventare un leader mondiale nella raccolta e nell’elaborazione dei dati, che costituiscono la spina dorsale dell’economia digitale. Un quadro europeo in materia di raccolta e condivisione dei dati offre enormi possibilità in settori strategici come la sanità, il mercato del lavoro e i trasporti. |
1.12. |
Il CESE chiede di aggiornare le politiche in materia di concorrenza e di protezione dei consumatori nel mercato unico, e sottolinea che, nel procedere a tale aggiornamento, bisognerebbe occuparsi anche delle pratiche distorsive attuate dalle imprese tecnologiche di paesi terzi e della crescente influenza delle imprese digitali cinesi nell’UE. A tal proposito, il CESE accoglie con favore sviluppi normativi quali la legge sui mercati digitali e la proposta di legge europea sui semiconduttori. |
1.13. |
Il CESE riconosce il ruolo cruciale svolto dalle piccole e medie imprese (PMI) nel plasmare la sovranità digitale dell’UE, specie attraverso la loro interazione con grandi imprese tecnologiche europee. |
1.14. |
Infine, il CESE reputa che, ai fini dello sviluppo della sovranità digitale dell’UE, un ruolo importante sia svolto certamente dall’istruzione (sia essa professionale o accademica), a tutti i livelli in cui essa viene impartita. |
2. Contesto
2.1. |
La sovranità digitale può essere descritta, in prima approssimazione, come la capacità dei governi e delle imprese di gestire e creare autonomamente i propri dati, i propri hardware e i propri software. È da fin troppo tempo che suscita preoccupazione la forte dipendenza dell’Unione europea da un ristretto numero di grandi imprese tecnologiche stabilite fuori di essa. |
2.2. |
A dimostrazione di questa forte dipendenza dell’UE da imprese tecnologiche di paesi terzi, basti pensare che, secondo alcune stime, il 92 % di tutti i dati del mondo occidentale è conservato su server di proprietà di soggetti statunitensi. In questo computo sono inclusi sia i dati online e quelli estratti da social media che i dati gestiti da governi nazionali (1). |
2.3. |
Stando così le cose, non sorprende la crescente preoccupazione che le imprese e i governi nazionali dell’UE possano non avere il controllo completo dei propri dati e rimangano fortemente dipendenti da grandi imprese tecnologiche di paesi terzi, rendendo difficile per le imprese tecnologiche europee competere con le concorrenti statunitensi. Un altro timore è che, nell’ambiente digitale, l’UE stia lentamente ma inesorabilmente perdendo la capacità di garantire l’effettivo rispetto della propria legislazione. |
2.4. |
È preoccupante che questa forte dipendenza dalle imprese tecnologiche statunitensi stia erodendo la leadership e l’autonomia strategica dell’UE nel mondo digitale, il che potrebbe a sua volta limitare il potenziale di crescita economica dell’Unione. L’influenza economica delle imprese tecnologiche con sede al di fuori dell’UE non può essere sottovalutata. Lo stesso dicasi per l’influenza che esse esercitano sui cittadini dell’UE e sui loro modelli di consumo, ma anche sul modo in cui gli stessi cittadini interagiscono tra loro e con altri, all’interno e all’esterno dell’UE. |
2.5. |
Oggi le grandi imprese tecnologiche di paesi terzi sanno talvolta più cose su di noi di quante non ne sappiano i nostri familiari e amici più stretti, e tale mancanza di riservatezza desta serie preoccupazioni. Di fatto, non siamo noi a esercitare il controllo sui nostri dati che si trovano online: a farlo sono le grandi imprese tecnologiche, e il web rimane in gran parte non regolamentato. Iniziative come il regolamento generale dell’UE sulla protezione dei dati (GDPR) (2) hanno cercato di definire nuove regole in questo campo. Il problema, però, è che, nell’affrontare la questione, le grandi imprese tecnologiche si muovono più velocemente di quanto non faccia l’UE. Esse operano spesso in spazi in cui godono di un significativo vantaggio informativo rispetto alle autorità di regolamentazione e in generale rimangono del tutto libere di tracciare i movimenti online dei cittadini, raccogliendo le relative informazioni e sfruttandole a scopo di lucro. |
2.6. |
In un siffatto contesto, la presidente della Commissione aveva indicato la politica digitale come una delle principali priorità del suo mandato 2019-2024, impegnandosi a garantire la sovranità tecnologica. Tuttavia, tale obiettivo resta lontano, e la stessa Commissione ha espresso preoccupazione per le violazioni delle norme e dei valori fondamentali dell’UE da parte di grandi imprese tecnologiche straniere. Negli ultimi anni, l’economia di Internet si è consolidata attorno a questi giganti tecnologici, che utilizzano i cookie per esercitare il controllo sui dati e mantenere un oligopolio sul mercato. Da parte sua, il Parlamento europeo ha espresso preoccupazione per le minacce alla sicurezza legate alla crescente presenza tecnologica cinese nell’UE e, in particolare, ha chiesto un’azione a livello europeo per ridurre la crescente influenza della Cina nelle infrastrutture 5G. |
2.7. |
È preoccupante che interi settori dell’economia dell’Unione europea continuino a dipendere in larghissima misura da grandi piattaforme online con sede al di fuori dell’UE. Ciò priva gli Stati membri della loro sovranità digitale in settori chiave come il diritto d’autore, la protezione dei dati e la fiscalità. Tale preoccupazione, peraltro, si è estesa anche ad altri settori, come il commercio elettronico e la disinformazione online. |
2.8. |
Di fronte a un ambiente online dominato da imprese tecnologiche di paesi terzi, ci si chiede se i cittadini dell’UE possano riprendere il controllo dei propri dati digitali e se l’UE possa affrontare gli squilibri in termini di sovranità digitale in modo efficace e in tempi ragionevoli. Le sezioni 3 e 4 del parere contengono approfondimenti in relazione a tali interrogativi. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
In primo luogo, l’UE deve ridurre la sua dipendenza dai giganti tecnologici stranieri raddoppiando gli sforzi per sviluppare un’economia digitale sicura, inclusiva e basata sui valori, in grado di competere con tali giganti, e ponendo l’accento su una connettività affidabile, sulla sicurezza dei dati e sull’IA. Anche in relazione all’economia digitale, il CESE considera quello dei valori un aspetto particolarmente importante e pone l’accento sulla dimensione sociale ed etica nonché sui diritti dei lavoratori. |
3.2. |
La Commissione ha reagito agli sviluppi dell’economia digitale elaborando nel 2021 una «bussola per il digitale» per il decennio digitale dell’UE, incentrata sulle infrastrutture, la pubblica amministrazione, le imprese e le competenze. Tale bussola ha fissato una serie di traguardi a livello nazionale e dell’UE e ha proposto sia un solido quadro di governance comune per monitorare i progressi e affrontare le carenze, sia progetti multinazionali che combinino investimenti da parte dell’UE, degli Stati membri e del settore privato. A ciò si è aggiunta la «legge sui mercati digitali», un quadro normativo volto a garantire un livello più elevato di concorrenza nei mercati digitali europei impedendo alle grandi imprese di abusare del loro potere di mercato e consentendo a nuovi operatori di entrare nel mercato. Più di recente, la proposta normativa europea sui semiconduttori mira a incrementare la produzione di microchip in tutta l’UE per far fronte all’aumento della domanda e ridurre la dipendenza dai fornitori stranieri controbilanciando così la posizione dominante della Cina, in particolare nella produzione dei chip semiconduttori. |
3.3. |
Nell’attuale fase di ripresa dell’economia dell’UE dalla pandemia, e di fronte all’aumento generalizzato dei prezzi, il CESE chiede che la bussola per il digitale sia attuata con successo e che i governi dell’UE incentivino le imprese a investire ulteriormente nelle capacità digitali e nelle risorse umane. Tali investimenti contribuirebbero a promuovere l’autonomia strategica nella trasformazione digitale dell’economia dell’UE. Ma, oltre a questi, vanno considerati di vitale importanza anche gli investimenti dei governi dell’UE per migliorare le capacità, le infrastrutture e le tecnologie digitali. |
3.4. |
Il CESE osserva che innovazioni come il cloud computing e l’intelligenza artificiale sono diventate importanti risorse strategiche all’interno dell’UE, contribuendo in misura rilevante al potenziale di crescita dell’economia europea. Tuttavia, l’UE sta ancora perdendo terreno nella corsa globale allo sviluppo di nuove tecnologie nel mondo digitale. Ad esempio, gli investimenti privati dell’UE sono in ritardo rispetto a quelli degli Stati Uniti e della Cina sia nel campo dell’IA che in quello delle tecnologie di raccolta e accesso ai dati e per l’informatica quantistica; e ciò vale altresì per i settori delle tecnologie blockchain e dell’internet degli oggetti. |
3.5. |
Il CESE richiama inoltre l’attenzione sui diversi strumenti finanziari esistenti per ridurre il divario con gli investimenti statunitensi e cinesi nelle tecnologie digitali. Tali strumenti, infatti, possono certamente sostenere la ricerca e l’innovazione nelle tecnologie digitali, ma, come sottolineato al punto 3.3, è necessario che siano accompagnati da investimenti aggiuntivi. Il CESE chiede pertanto di rinnovare gli sforzi per creare partenariati pubblico-privato nel settore delle tecnologie digitali e sostenere la ricerca su larga scala dell’UE nel campo delle nuove tecnologie, con l’obiettivo specifico di tenere il passo con le capacità di ricerca statunitensi e cinesi. |
3.6. |
Il CESE ritiene peraltro che la sovranità digitale non dipenda semplicemente dalla capacità dell’UE di recuperare il terreno perduto o di anticipare le nuove tendenze digitali. Né, a suo avviso, occorre chiedersi se, per conseguire e mantenere tale sovranità, l’UE debba adottare una strategia protezionistica. Occorre invece creare parità di condizioni per le imprese tecnologiche con sede nell’UE, con l’obiettivo, indicato nel titolo del presente parere d’iniziativa, di accrescere il potenziale di crescita economica dell’UE a beneficio della società europea in generale. |
3.7. |
Esistono senz’altro validi motivi per cui potrebbe essere necessario trattare le imprese tecnologiche con sede nell’UE in modo più favorevole rispetto a quelle straniere, se si vuole che le prime figurino tra i principali leader digitali a livello mondiale. Nondimeno, il CESE sostiene che gli attuali squilibri in materia di sovranità digitale siano in parte dovuti alle barriere nazionali che continuano a impedire il completamento di un vero mercato unico. Allo stato attuale, il mercato unico è essenzialmente un insieme di molteplici mercati nazionali più piccoli, che non raggiungono le dimensioni necessarie per consentire a una singola impresa dell’UE di competere con le Microsoft di questo mondo. Inoltre, i livelli di sviluppo e quelli delle infrastrutture sono diversi da una parte all’altra dell’UE. Non sorprende, pertanto, che il mercato digitale continui a essere dominato da imprese di paesi terzi. |
3.8. |
Il CESE ritiene altresì che affrontare in modo appropriato la questione della sovranità digitale contribuirà a risolvere le preoccupazioni relative alla protezione della vita privata e ai dati personali, alla tassazione, ai dati e agli appalti pubblici. Ciò non avverrà dall’oggi al domani, nonostante un quadro normativo più solido. Specie la questione della tassazione è particolarmente controversa, perché il fatto che le imprese tecnologiche con sede negli Stati Uniti possano generare ricavi grazie all’interazione con clienti nell’UE pone la questione del requisito della presenza fisica, che di solito fa scattare l’imponibilità. |
3.9. |
Infine, in un precedente parere (3) il CESE ha già ribadito l’importanza della sovranità digitale come asse portante dello sviluppo economico, sociale e ambientale dell’Europa, sottolineando inoltre che tale sovranità deve basarsi sulla competitività globale e su una solida cooperazione tra gli Stati membri. Si tratta di un presupposto essenziale affinché l’UE diventi un leader globale sulla scena internazionale, soprattutto in termini di affidabilità delle tecnologie digitali. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE invita gli Stati membri a dare effettiva attuazione al quadro normativo sul digitale, volto a proteggere i cittadini dell’UE dagli eccessi del mondo digitale e nel contempo a offrire un quadro di riferimento per un ambiente più etico e antropocentrico. Il CESE è dell’avviso che tale quadro normativo dovrebbe contribuire a una gestione più efficace del settore digitale dell’UE. Inoltre, la protezione dei lavoratori e il diritto alla contrattazione collettiva dovrebbero agevolare la transizione verso la digitalizzazione. Allo stesso tempo, alle imprese tecnologiche dell’UE dovrebbe essere concesso uno spazio sufficiente per innovare ed espandersi rispetto alle imprese tecnologiche di paesi terzi, incoraggiando, ove possibile, partenariati internazionali. |
4.2. |
Stabilire le regole in materia di dati dell’UE contribuirà a rendere l’UE più sovrana in senso teorico, ma non sarà sufficiente a far sì che le imprese tecnologiche dell’Unione raggiungano la portata globale di quelle straniere. Tale obiettivo, infatti, può essere raggiunto soltanto imprimendo un indirizzo strategico, investendo nella ricerca e innovazione (R&I) e affrontando le attuali carenze del mercato unico. |
4.3. |
Quanto sopra evidenziato implica la necessità di adottare un approccio più lungimirante in relazione al quadro normativo che plasmerà l’economia digitale negli anni a venire. Altrettanto importante è rendere le piattaforme, gli ecosistemi e le attività online più aperti, equi e prevedibili, considerando l’adozione di norme che disciplinino la trasparenza e la neutralità degli algoritmi, la condivisione dei dati e l’interoperabilità. |
4.4. |
Il CESE chiede che, per sviluppare la sovranità digitale dell’UE, vi sia un maggiore coordinamento tra le giurisdizioni nazionali, e in particolare tra le autorità regolatrici del settore. Occorre ripensare le strutture di governance esistenti, sia per rafforzare l’interazione tra gli Stati membri sia per facilitare l’adozione di decisioni comuni per quanto riguarda il digitale. Secondo il CESE, ciò sarà fondamentale per sostenere gli sforzi volti a raggiungere una qualche forma di sovranità digitale. Al tempo stesso, però, il CESE mette in guardia contro l’eccesso di regolamentazione, che potrebbe compromettere il potenziale di crescita economica. |
4.5. |
Il CESE appoggia la richiesta che l’UE sviluppi un’infrastruttura per il cloud e i dati per rafforzare la sua sovranità digitale e affrontare l’enorme squilibrio esistente nel mercato del cloud e dell’archiviazione dei dati, dominato quasi totalmente da imprese di paesi terzi. Ciò contribuirebbe anche a ridurre i rischi per la sicurezza dei cittadini dell’Unione. A tale proposito, il CESE ribadisce il suo sostegno all’iniziativa del progetto Gaia-X dell’UE, che mira a fornire un ambiente sicuro per la gestione dei dati per i cittadini, le imprese e i governi. |
4.6. |
Il CESE riconosce inoltre il potenziale di cui dispone l’UE per diventare un leader mondiale nella raccolta e nell’elaborazione dei dati, che costituiscono la spina dorsale dell’economia digitale. Un quadro europeo in materia di raccolta e condivisione dei dati offre enormi possibilità in settori strategici come la sanità, il mercato del lavoro e i trasporti. Esso consentirebbe ai cittadini e alle imprese di accedere ai dati di tutta l’UE (in linea con le norme sulla protezione della vita privata e dei dati) e accrescerebbe l’efficienza del mercato unico. |
4.7. |
Nell’ottica sopraindicata, il CESE chiede di aggiornare la politica in materia di concorrenza nel mercato unico e di affrontare gli squilibri esistenti, e sottolinea che, nel procedere a tale aggiornamento, bisognerebbe occuparsi anche delle pratiche distorsive attuate dalle imprese tecnologiche di paesi terzi e della crescente influenza delle imprese digitali cinesi nell’UE. |
4.8. |
Il CESE riconosce che il conseguimento della sovranità digitale dipenderà i) dal modo in cui le imprese tecnologiche con sede nell’UE si adegueranno al quadro legislativo, ii) dalle misure volte ad affrontare le carenze del mercato unico e iii) dalla R&I in campo digitale condotta nell’UE nonché dalle opportunità di investimento. Nel contempo, però, il CESE reputa che non si possa ignorare il contributo che le PMI potrebbero apportare allo sviluppo della sovranità digitale dell’Unione. Le PMI non avranno forse le risorse finanziarie per plasmare direttamente l’economia digitale, ma possono certamente contribuire interagendo con le grandi imprese tecnologiche dell’UE. |
4.9. |
Infine, il CESE sottolinea che, ai fini dello sviluppo della sovranità digitale dell’UE, un ruolo importante è svolto certamente dall’istruzione (sia essa professionale o accademica), a tutti i livelli in cui viene impartita: è quindi necessario sia fare in modo che gli istituti d’istruzione investano nelle attività di R&I pertinenti, sia creare un bacino di personale qualificato in grado di sostenere la strategia digitale dell’UE. Si raccomanda inoltre un approccio coordinato per tutti gli istituti d’istruzione dell’Unione europea. |
Bruxelles, 26 ottobre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://www.weforum.org/agenda/2021/03/europe-digital-sovereignty/
(2) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).